Lezione molto interessante di raffinata filosofia nipponica che persegue la ricerca del senso della vita da un punto di vista professionale e non solo; prima di tutto un atteggiamento mentale pragmatico per far trovare a ciascuno il proprio scopo, la propria ragione di vita a partire dalla conoscenza di noi stessi, dal capire cosa amiamo davvero fare e cosa sappiamo fare meglio di chiunque altro.

Concetto non ignoto all’occidente poiché trattato -analogamente ma differentemente- dalla filosofia morale quale “teoria della pratica”, ovvero quale riflessione, quale speculazione su come dobbiamo agire, su come devono essere le nostre azioni per essere giuste, orientate al bene, e quindi su che cos’è il bene, su qual è la legge che dobbiamo seguire per realizzarlo e via di seguito. In buona sostanza l’oggetto della filosofia morale occidentale non è “come gli esseri sono” ma “come debbono essere”; essa è parte della deontologia (disciplina che si occupa del dover-essere) ed è una deontologia speciale perché si interessa di quelle cose su cui noi abbiamo il potere d’intervenire, vale a dire quelle realtà che siamo capaci di rendere tali quali debbono essere: le nostre azioni.

Dispiace trattare così superficialmente l’argomento in oggetto, ma speriamo almeno di suscitare curiosità per ulteriori approfondimenti personali poiché il tema della conoscenza di noi stessi riveste importanza imprescindibile.

Eppiteto (in greco antico: Ἐπίκτητος, Epíktētos, “colui che è stato acquistato”) disse: ”Nessuno è libero se non è padrone di se stesso”  e, sia che “l’esser padroni” si riferisca alla conoscenza di noi stessi, sia che si rapporti alla “gnosi” rivelata delle religioni, sia che riguardi semplicemente il dominio e l’equilibrio delle umane passioni, la domanda rimane: “Conosciamo noi stessi? E quanto conosciamo di noi stessi?”.

Potrebbe essere una buona risposta quella di San’Agostino d’Ippona: “E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, e i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri, e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi”.

L’Ikigai è un modo di vivere la vita un po’ distante dalla visione che abbiamo noi occidentali, abituati a parlare principalmente di obiettivi da raggiungere in modo abbastanza teorico, senza pensare realmente a un futuro concreto ma più ad un’idea di esso. Questo termine giapponese non ha una vera e propria traduzione nella nostra lingua; il suo significato letterale è “ragione per alzarsi la mattina”, ovvero qualcosa di simile a “ragion d’essere” ma ogni trasposizione risulta comunque limitante.

È curioso pensare come una tradizione antica come questa ci dica in modo così concreto quali sono le aree che compongono la nostra vita e come dobbiamo prendercene cura in maniera paritaria e giornaliera; trovare il proprio Ikigai significa avvicinarsi alla completezza, ovvero trovare la propria “vocazione” secondo un concetto molto simile a quello che ne dà lo scrittore Jeff Goins in The art of work.