[attribuita ad Albert Einstein, ancor oggi la paternità di questa citazione è incerta.

Alcune fonti la attribuiscono a Thomas Robert Dewar (barone scozzese ed imprenditore noto per la produzione di whisky), altre a James Dewar (fisico e chimico britannico, studioso del vuoto in laboratorio che realizzò la liquefazione di gas ritenuti illiquefabili e collaborò con F. A. Abel alla sintesi della polvere deflagrante chiamata ‘Cordite’) vissuti entrambi in un periodo storico simile]

Frase di una evidenza così netta e disarmante che lascia in qualche modo attoniti ed incantati al medesimo tempo.

Se pensiamo alla nostra mente, al nostro paracadute, veniamo presi da un piccolo dubbio, lungo un attimo e leggero quanto un respiro, che sia aperta? Che lo sia abbastanza perché possiamo salvarci dalla caduta? E subito dopo, non si manifesta in noi una tenue traccia di volontà che richiede un risveglio, una riattivazione delle energie e delle forze per il proprio personale progresso, nell’accezione più buona della parola ‘progresso’, quella orientata alla realizzazione più piena dell’esistenza umana e al senso vero, riuscito della vita?

La mente dell’uomo racchiude facoltà intellettive e psichiche assolutamente proprie e complesse; la sua natura costituisce oggetto di tale interesse da alimentare un dibattito che filosofi, psicologi, antropologi e psicoanalisti hanno coltivato nel corso dello scorrere dei secoli sino ai giorni nostri.

Come poter rappresentare, anche minimamente, fiumi di pensiero e di studi e di ricerche che hanno determinato quei modelli mentali filosofici, psicoanalitici, evoluzionistici, cognitivisti e molti altri ancora, proposti sino ad ora?  Grandi e meritevoli menti del genere umano vi si sono dedicate per amore del Sapere (solo per citarne alcune: Platone, Aristotele, René Descartes, Pierre Cabanis, Sigmund Freud, Alfred Adler, Carl Gustav Jung, John Locke, Immanuel Kant, Gerald Edelman, Jean-Pierre Changeux, Umberto Galimberti).

E ciò nonostante, la mente umana rimane un mistero per l’uomo, poiché nulla di ciò che è stato indagato e poi rappresentato, per quanto in modo completo ed accurato, ha carattere inconfutabile.

Restano dunque molti gli ambiti di progresso futuri, a stimolo di coloro che alimenteranno la personale motivazione negli smisurati campi della scienza e della conoscenza poiché, come affermò il grande poeta libanese Khalil Gibran: “Il significato di un uomo non va ricercato in ciò che egli raggiunge, ma in ciò che vorrebbe raggiungere”.

Parlando della mente vorremmo dedicare un po’ di attenzione ad uno dei suoi attributi più inspiegati ed inspiegabili: la creatività.

Questo termine viene usato per indicare la capacità cognitiva della mente di creare e d’inventare. Fra le innumerevoli definizioni che se ne danno vorremmo ricordare quella enunciata dal matematico Henri Poincaré, la quale suscita, ogni volta, grande curiosità: “Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili“.  La creatività viene così semplicemente definita da risultare perfino palese che essa è uno dei caratteri più peculiari della mente al punto d’esser considerata un emblema distintivo ed una qualità rara laddove presente nell’uomo.

Per lo scrittore di fantascienza Brian Wilson Aldiss essa ha le connotazioni funzionali del problem solving: “Qualsiasi cosa sia la creatività, è una parte nella soluzione di un problema”.

Per la scrittrice e glottoteta statunitense Ursula Le Guin:  “Un adulto creativo è un bambino soppravissuto” a significare che per essere creativi serve in qualche modo mantenere le caratteristiche della ‘coscienza’ di un fanciullo.

La creatività ha assunto perfino caratteri propri dell’etica in bocca a Martin Luther King Jr., il quale, a difesa dei diritti civili degli afroamericani (e dell’uomo stesso per estensione), disse: “Ciascun uomo deve decidere se vuol camminare nella luce dell’altruismo creativo o nell’oscurità dell’egoismo distruttivo” asserendo praticamente che l’amore verso il prossimo ha in se stesso connotazioni creative, feconde.

Infine, dopo aver trattato così brevemente e con immeritata leggerezza questo argomento, ciò che rimane a meravigliare, sempre, è la spettacolare complessità dell’essere umano e della sua incantevole mente:  “Spesso, lasciata libera, un’esistenza che non viene rimescolata continuamente dall’ansia di dover produrre lascia decantare spontaneamente i suoi pensieri, che si depositano piano piano sul fondo e cristallizzano, a volte, in forme di rara bellezza” (cit. dal libro ‘Il gioco delle tre carte’ dello scrittore italiano Marco Malvaldi).

Lo scienziato americano Robert George Jahn, brillante ingegnere e fisico nonché professore di scienza aerospaziale (morto nel novembre del 2017), ha dedicato quasi trent’anni anni della sua vita nel cercare di unire ‘cuore e mente’ nella scienza moderna. Come lui anche Albert Einstein, Isaac Newton e Max Plank ritenevano che scienza e spiritualità fossero due facce della stessa medaglia.

E noi, che ancor oggi constatiamo quale siderale mistero è la mente umana, ci chiediamo se i modelli scientifici di riferimento ‘materialisti’ siano in qualche modo limitati per spiegare qualcosa di così complesso come la nostra mente?