L’ODORE
Gli odori sono sostanze chimiche che stimolano gli organi dell’olfatto. Noi possiamo percepire gli odori soltanto in quanto respiriamo l’aria che porta le molecole a contatto con le mucose olfattive presenti nelle cavità nasali.
La percezione degli odori avviene principalmente in due modi:
– mediante un processo “fisiologico” che avviene quando i recettori del naso sono stimolati dalle sostanze chimiche odoranti e trasmettono stimoli elettrici al cervello, che li decodifica associandoli, attraverso la memoria, a sostanze conosciute;
– tramite un processo “psicologico” che viene attivato dalle esperienze, dai ricordi e dalle emozioni che ciascuno associa ad un determinato odore.
La maggior parte delle persone quando percepisce un odore non è in grado di avere informazioni precise riguardo ai suoi componenti ovvero riguardo alle diverse sostanze chimiche che ne fanno parte e che lo caratterizzano.
La sensazione globale dell’odore non corrisponde di per sé ad una grandezza fisica predeterminata ma dipende piuttosto dalla soggettività del singolo individuo.
PERCEZIONE e SENSAZIONE
Tecnicamente quando si parla di ‘percezione’ e di ‘sensazione’ si intendono due concetti diversi:
– per ‘percezione’ si intende la rilevazione di un odore a livello neuronale;
– per ‘sensazione’ si intende l’atto della presa di coscienza della rilevazione dell’odore (tra la registrazione biologica di un odore e la presa di coscienza della sua percezione c’è un intervallo temporale di circa 500 millisecondi).
LE EMISSIONI ODORIGENE e LA MOLESTIA OLFATTIVA
La complessa struttura olfattiva negli esseri umani presenta un’intrinseca soggettività, di modo che non tutti gli odori percepibili e percepiti possono essere considerati ‘molestia olfattiva’ (anche perché potenzialmente ed in presenza di determinati fattori [es. intensità, durata, frequenza, fascia oraria, contesto dell’emissione, etc…] qualsiasi odore potrebbe essere idoneo ad originare una ‘molestia olfattiva’) e proprio per questo motivo la locuzione è associata all’idoneità a produrre effetti negativi (es. a seguito di esposizioni estese e ripetute nel tempo).
Le emissioni odorigene sgradevoli che provengono da attività industriali ed agricole, ed in particolar modo quelle qui trattate provenienti dalle attività di gestione dei rifiuti in sito di discarica rappresentano un problema che coinvolge molte persone e che ha una notevole ricaduta sulla qualità della vita dei soggetti esposti e la valutazione della legittimità delle emissioni odorigene è un fattore estremamente complesso che va a coinvolgere criteri di tollerabilità e di soggettiva sensazione, nonché criteri di salute e sicurezza e di tutela dell’ambiente.
In Italia la ‘molestia olfattiva’ ricade anche nel campo del diritto penale (1 ).
LA NORMA UNI EN 13725:2003 e L’OLFATTOMETRIA DINAMICA
L’Europa ha regolamentato la misura della concentrazione dell’odore con la norma UNI EN 13725:2003 che specifica un metodo per la determinazione oggettiva della concentrazione di odori di un campione gassoso utilizzando l’olfattometria dinamica con esseri umani quali valutatori e con un’emissione di odori proveniente da sorgenti puntiformi o superficiali.
Tuttavia non ci risulta siano ancora stati regolamentati a livello europeo dei valori limite o delle soglie d’odore, né che vi siano disposizioni comunitarie specifiche a definire l’attitudine alla legittimità delle emissioni odorigene “sgradevoli”.
E ciò nonostante le aziende produttive per poter esercitare devono considerare anche l’impatto odorigeno che esse provocano e tale impatto deve essere oggettivo, misurabile e quantificabile ed ergo ritenuto “legittimamente tollerabile”.
Proprio per questo, già in fase di progettazione, è necessario considerare di mettere in atto azioni per prevenire la formazione e la diffusione delle emissioni odorigene, inoltre occorre dotarsi di regole gestionali che possano limitare il più possibile il rilascio di queste sostanze.
A livello normativo nazionale è stata emanata la norma UNI 11761:2019 che esclude la propria applicabilità per l’impiego di strumenti di monitoraggio ai fini della tutela della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, ma che si propone di indicare i requisiti tecnici di gestione dei sistemi automatici utilizzati per il monitoraggio degli odori (IOMS, Instrumental Odour, Monitoring System) nonché i criteri di misurazione periodica degli odori captati presso i siti di installazione dei misuratori.
EMISSIONI ed IMMISSIONI
Fino a qui parliamo di emissioni, ma quali sono le differenze tra “emissione” ed “immissione”? Solo a titolo informativo e con estrema semplificazione possiamo dire che:
– per “emissione” si intende la sostanza introdotta nell’atmosfera; essa viene misurata in base a portata volumetrica, temperatura e velocità.
– per “immissione” si intende la concentrazione di determinate sostanze nell’aria; la concentrazione viene misurata da una stazione di rilevamento presso il recettore e viene determinata in base alla quantità presente in unità di volume.
L’art. 269 del D.Lgs 152/2006 dispone che gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono richiederne autorizzazione ambientale agli enti competenti.
DEFINIZIONE di EMISSIONI ODORIGENE
In tema definitorio è il D.Lgs n.102 del 30 luglio 2020 che ha introdotto all’art. 272-bis del D.Lgs 152/2006 la nozione di “emissioni odorigene”, definite come “emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena” (art. 268, comma 1, lett. f-bis).
EMISSIONI ODORIGENE di DISCARICA
Nelle discariche si parla soprattutto di emissioni, le quali possono corrispondere:
– a sorgenti puntuali (si parla di “sorgenti puntuali” quando l’odore è emesso da un singolo punto, generalmente in maniera controllata attraverso un camino);
– a sorgenti areali (si parla di “sorgenti areali” quando le emissioni avvengono da superfici solide o liquide piuttosto estese. Si possono distinguere superfici emissive areali con flusso indotto o attive (es. sorgenti con un flusso di aria uscente quali biofiltri) e senza flusso indotto o passive (quando l’unico flusso presente è quello dovuto al trasferimento di materia dalla superficie all’aria sovrastante es. le discariche, le vasche degli impianti di depurazione acque reflue);
– ed in taluni specifici casi anche a sorgenti volumetriche (si parla di “sorgenti volumetriche” quando le emissioni avvengono da edifici, sia intenzionalmente attraverso condotti a ventilazione naturale, sia non intenzionalmente attraverso porte, finestre o altre aperture).
Così i principali flussi delle emissioni odorigene di discarica possono essere “flussi convogliati” (es: in condotte di adduzione, pozzi, camini), “flussi liberi o dispersi” da superfici estese a ventilazione naturale (es: superfici di discarica in fase di coltivazione, in fase di copertura provvisoria, in fase di copertura definitiva), “sfiati da sorgenti fuggitive” con portata volumetrica non misurabile (es: pozzi in fase di trivellazione o in fase di innalzamento della testa di pozzo) e, per finire “l’aria ambiente da locali di lavorazione”.
Il metodo di misura dell’odore e la tecnica usata per il campionamento sono fondamentali. In particolare la tecnica di campionamento dipende dalla tipologia di sorgente (Gostelow et al., 2003; Bockreis e Steinberg, 2005).
La letteratura tecnica (2 ) sottolinea che la stima dell’OER ( 3) (“Odour Emission Rate” ovvero la “portata di odore” espressa in unità odorimetriche al secondo (ouE/s) e ottenuta come prodotto della concentrazione di odore per la portata gassosa) per le sorgenti areali passive risulta essere piuttosto complicata, in quanto è difficile misurare una concentrazione di odore rappresentativa e soprattutto determinare una portata di aria ben definita. Inoltre, l’anisotropia della massa dei rifiuti abbancati nel corso degli anni (con riferimento alla tipologia e alla stratificazione, alla densità, alla permeabilità ai gas, alla tipologia e all’efficienza dei sistemi di drenaggio, al convogliamento e al complesso dei sistemi di captazione presenti nel corpo di discarica, all’entità del gradiente di pressione applicato ai sistemi di captazione, etc …) rende difficile la determinazione di punti di campionamento significativi per la misurazione dei flussi delle reali emissioni odorigene dal corpo discarica; infatti il biogas di discarica una volta prodotto tende a migrare naturalmente attraverso la massa dei rifiuti per vie preferenziali variabili anche nel tempo e per questo non sempre note.
Questo argomento merita sicuramente qualche considerazione sulle dispersioni delle emissioni in atmosfera e sui relativi modelli di dispersione, ma lasciamo a voi la curiosità di approfondire questo tema decisamente articolato.
CHE COS’E’ UNA DISCARICA e PERCHE’ GENERA ODORE
La Direttiva 1999/31/CE all’art.2 lettera g) definisce la discarica come “un’area di smaltimento dei rifiuti adibita al deposito degli stessi sulla o nella terra (vale a dire nel sottosuolo) …”.
Con la nuova Direttiva UE 2018/850 (che modifica la Direttiva 1999/31/CE) sono stati introdotti due importanti obiettivi che i paesi membri europei dovranno raggiungere nei prossimi anni:
▫ dal 2030 sarà vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo;
▫ entro il 2035 in discarica potrà essere smaltito non più del 10% dei rifiuti urbani prodotti.
Ma questo provvedimento non risolverà del tutto il problema delle emissioni odorigene delle discariche che rimarranno, comunque, un aspetto da gestire.
Il cosiddetto “cattivo odore” della discarica proviene dai percolati ma soprattutto dai biogas generati da naturali processi di degradazione e decomposizione dei rifiuti.
TEMPISTICHE DI PRODUTTIVITA’ e FENOMENOLOGIA PRODUTTIVA DEL BIOGAS in DISCARICA
La decomposizione dei rifiuti in discarica avviene attraverso diversi processi che presentano aspetti vari e complessi che qui riporteremo con somma semplificazione:
– la degradazione fisica comporta la modifica delle caratteristiche fisiche del rifiuto stesso (es: la riduzione di volume e la precipitazione, il rilascio e l’assorbimento di sostanze);
– la degradazione chimica comporta l’attivazione di reazioni tra le diverse sostanze componenti il rifiuto (es. nei percolati: la variazione del PH, del potenziale redox, della solubilità);
– la degradazione biologica comporta la trasformazione della materia che costituisce il rifiuto ad opera di microrganismi come i batteri e si svolge principalmente in tre fasi (fase aerobica, fase anaerobica e fase metanigena anaerobica) per mezzo delle quali avviene il processo di biogassificazione del rifiuto.
Diamo ora qualche cenno sulla fenomenologia produttiva del biogas, che può essere schematizzata in queste tre fasi principali:
▪ la fase aerobica: avviene subito dopo il deposito dei rifiuti ad opera dei microrganismi aerobici e dipende dalla disponibilità di ossigeno presente nella matrice. Normalmente è di breve durata (da qualche ora ad alcuni mesi) ed è legata alla tipologia dei rifiuti. Il processo aerobico è fortemente esotermico (produzione di calore che può raggiungere temperature di 70° C) ed è caratterizzato da emissioni di anidride carbonica, acqua e sostanze organiche parzialmente degradate.
▪ la fase anaerobica (acida): avviene quando la disponibilità di ossigeno è ridotta al punto in cui non è più possibile un processo aerobico. In questo contesto i microrganismi aerobici prediligono utilizzare l’ossigeno libero ma, in sua assenza, possono utilizzare l’ossigeno legato. In questa fase avviene la produzione di anidride carbonica, una minore generazione di energia termica rispetto al processo aerobico e una notevole produzione di sostanza organica parzialmente degradata.
▪ la fase metanigena anaerobica (costituita a sua volta dalla ‘fase metanigena anaerobica non stazionaria’ e dalla ‘fase metanigena anaerobica stazionaria’): in questa fase i microrganismi convertono la sostanza organica parzialmente degradata dagli organismi aerobici in metano, anidride carbonica e in altri microcomponenti. La fase metanigena si instaura dopo un periodo che varia tra i 3-6 e i 9-12 mesi dall’abbancamento del rifiuto in discarica.
Una volta avviata la fase metanigena la produzione di biogas si mostra per parecchi anni (oltre 30 anni), secondo un andamento che evidenzia la massima produzione nei primi anni e un progressivo esaurimento asintotico fino alla completa degradazione della sostanza organica o fino a quando esistono le condizioni ambientali idonee al processo. Questo a significare che anche discariche in post-chiusura possono contribuire alla produzione del biogas e che il rifiuto a frazione organica portato oggi in discarica ha la potenzialità di produrre biogas -e quindi “cattivo odore”- almeno fino al 2051.
PARAMETRI STANDARD A CARATTERIZZAZIONE DEL BIOGAS ‘TIPICO’ E CARATTERISTICHE DI ODORE DEL BIOGAS
Il biogas di discarica (landfill gas – LFG) è dunque una miscela di gas costituita principalmente da metano, anidride carbonica e da altri microcomponenti in percentuale variabile.
Le incidenze volumetriche dei vari gas presenti nel biogas di discarica sono talmente variabili che la letteratura tecnica di settore ha elaborato i riferimenti qui riportati ( 4):
GAS COMPONENTE | INCIDENZA STANDARD |
Metano | 0 – 60% |
Anidride carbonica | 0 – 70% |
Ossigeno | 0 – 21% |
Azoto | 0 – 79% |
Idrogeno | 0 – 1% |
Acqua | 0 – 5% |
Idrogeno Solforato | 0 – 2% |
Ammoniaca | 0 – 1% |
Monossido di carbonio | 0 – 0,1% |
Sebbene il metano, l’anidride carbonica, l’ossigeno e l’azoto caratterizzino consistentemente il biogas, sono i gas microcomponenti che forniscono alla miscela le particolari caratteristiche di odore.
La letteratura tecnica definisce anche i parametri standard a caratterizzazione del biogas ‘tipico’:
PARAMETRO STANDARD BIOGAS U.M. VALORE STANDARD
PARAMETRO STANDARD BIOGAS | U.M. | VALORE STANDARD |
Unità di misura volumetrica | Nm3 | |
Composizione | ||
Metano CH4 | % vol | 50 |
Anidride carbonica CO2 | % vol | 35 |
Ossigeno O2 | % vol | 3 |
Azoto N2 | % vol | 12 |
Microcomponenti | tracce |
Potere Calorifico
(proporzionale alla concentrazione del metano) |
kWh | 4,79 |
Limiti infiammabilità in aria | ||
Inferiore (LIE o LEL) | % in aria | 5 |
Superiore (LSE o UEL) | % in aria | 15 |
Densità | ||
assoluta | Kg/Nm3 | 1,4 |
relativa rispetto all’aria | Kg/Nm3 | 0,96 |
Temperatura | °C | 40 |
Pressione | ||
assoluta | hPa | 1013 (livello mare) |
relativa | hPa | 0 |
Umidità | % ur | 100 |
IL FATTORE CLIMALTERANTE DEL BIOGAS
Il biogas LFG 50 chiamato anche biogas “tipico” o “standard”, viene rappresentato contenere una percentuale volumetrica di metano pari al 50% ed una percentuale volumetrica di anidride carbonica pari al 35%.
Il gas metano e l’anidride carbonica non sono solo i maggiori gas componenti il biogas di discarica ma sono anche considerati tra i gas climalteranti GHG più impattanti.
In particolar modo, l’ultimo rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC denominato “AR6” (ed. agosto 2021) evidenzia come il METANO:
considerando un orizzonte temporale di 20 ANNI sia caratterizzato da un GWP(5) 81,2 volte maggiore
su un orizzonte temporale di 100 ANNI sia caratterizzato da un GWP(5) 27,9 volte maggiore
rispetto a quello dell’ANIDRIDE CARBONICA.
Questo significa che se il biogas di discarica non viene captato correttamente ed in modo efficiente, oltre a generare emissioni odorigene esso determina anche emissioni GHG in atmosfera.
L’ultima e più recente pubblicazione intitolata “What a waste 2.0” della World Bank Group (edizione 2018) afferma che:
I. le discariche di rifiuti urbani, nel mondo, sono grandi produttori di biogas dal momento che normalmente (in esse) dal 30 al 50% dei rifiuti è composto da materiale organico (Figura 1)
Figura 1:
Global waste distribution per type
(source: World Bank, 2018)
II. per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti, a livello globale circa il 60% dei rifiuti viene smaltito in discarica (Figura 2). Tra questi impianti di discarica solo meno dell’8% è dotato di sistemi di raccolta e captazione del gas; ed il 33% dei rifiuti viene ancora scaricato “apertamente”.
Figura 2:
Global waste treatment and disposal
(source: World Bank, 2018)
III. Dai dati riportati in Figura 3 si evince che l’adozione di metodi di gestione dei rifiuti più sostenibili va di pari passo con lo sviluppo economico in ogni paese. Normalmente, la costruzione e l’utilizzo delle discariche rappresenta il primo passo verso una gestione più sostenibile dei rifiuti.
Figura 3: Waste treatment methods by region
(source: World Bank, 2018)
A fronte di questi dati, anche la rilevazione dell’Annuario dei dati Ambientali ISPRA (n.89/2020) evidenzia che il settore dei rifiuti – ed in particolare quello delle discariche – rappresenta in Italia la seconda fonte nazionale di immissione di metano in atmosfera, con un contributo pari a quasi un terzo del complesso delle fonti identificate (rif. – Tabella 7.4 e Figura 7.4.b dell’Annuario n.89/2020 – ISPRA).
IL BIOGAS E’ FONTE DI ENERGIA RINNOVABILE
Il biogas di discarica se non viene correttamente captato si libera in atmosfera e può comportare delle problematiche ulteriori a quelle odorigene e climalteranti descritte fin’ora, ovvero può determinare rischi di incendio e d’esplosione, di asfissia, di intossicazione, di fitotossicità, ecc… e tutte queste problematiche possono manifestarsi sinergicamente aumentando i rischi complessivi per la salute umana e per l’ambiente.
Risulta quindi evidente quanto siano importanti l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di captazione del biogas.
Inoltre il biogas captato può essere avviato a recupero energetico per la produzione di energia da fonte rinnovabile (Direttiva UE 2018/2001 – art.2, punto 1).
In buona sostanza i sistemi di captazione del biogas di discarica possono contribuire ad aumentare il livello di risparmio energetico e possono limitare l’impatto odorigeno e climatico causato dalle discariche.
ELEMENTI di CAPTAZIONE in DISCARICA
La maggior parte degli elementi di captazione presenti nelle discariche sono di fatto delle unità di captazione ‘statiche’ che possiedono capacità prestazionali correlate alle loro specifiche caratteristiche di prodotto e non hanno alcuna proprietà d’agire attivamente per rendersi più o meno efficienti (es. sonde fessurate).
Gli elementi come le centrali di aspirazione ed i sistemi di automazione della captazione sono unità che invece agiscono in modo attivo e hanno la potenzialità di fare la differenza in termini di efficienza dell’intero sistema di captazione presente in discarica.
La centrale di aspirazione applica uno specifico gradiente di pressione (pressione negativa o depressione per esercitare l’aspirazione) a tutte linee di trasporto principali ( 6) ad essa collegate, non riuscendo tuttavia a differenziare questo parametro per ogni singola linea secondaria (7 ).
Tuttavia, per evitare che i componenti odorigeni del biogas si disperdano in atmosfera, sembrano non bastare le performance delle unità di captazione statiche e talvolta neppure quelle delle centrali di aspirazione che agiscono impostate su un unico gradiente di pressione applicato, non riuscendo a differenziare i gradienti di pressione che sarebbero necessari a ciascun pozzo.
Oggi ci sono alcuni nuovi sistemi di automazione della captazione che agiscono anche sulla regolazione delle singole depressioni applicate a ciascuna linea secondaria (7) oltre che sulla regolazione dei parametri che caratterizzano la miscela del biogas captato (es. CH4, O2) in ciascun pozzo collegato alla stazione di regolazione.
I NUOVI SISTEMI DI AUTOMAZIONE DELLA CAPTAZIONE
In questi ultimi anni, sono state sviluppate e adottate diverse soluzioni per migliorare sensibilmente l’efficienza dei tradizionali sistemi di captazione e tra queste soluzioni si trova GAS STABILIZER, un sistema innovativo brevettato a livello internazionale (PCT n. WO2017/081671A1 – “System and method to control a biogas collection plant”) che funge da mente/cervello dell’intero sistema di captazione presente in discarica.
GAS STABILIZER rispetto ai sistemi tradizionali si colloca tra l’elemento 3. (stazioni di regolazione) e l’elemento 4. (linee secondarie di trasporto biogas) e può essere applicato a qualunque tipologia di collettore di biogas/ stazione di regolazione, sia in nuovi impianti che in impianti esistenti.
- CENTRALE DI ASPIRAZIONE;
- LINEE PRINCIPALI DI TRASPORTO BIOGAS;
- STAZIONI DI REGOLAZIONE, IMPIANTI COLLETTORI DEL BIOGAS;
- LINEE SECONDARIE DI TRASPORTO BIOGAS;
- SISTEMI DI CAPTAZIONE PRESENTI NEL CORPO DISCARICA
Nel seguente schema funzionale sono identificate le componenti principali del GAS STABILIZER:
A | BIOGAS EXTRACTION |
B | SAMPLE EXTRACTION FOR GAS TRAIN ANALYSIS |
C | BIOGAS ANALYZER |
D | DATA ANALYSIS AND CONTROL FRAMEWORK |
E | REGULATION VALVE |
F | COLLECTOR GAS FLOW |
G | GAS FLOW TO THE ENGINES |
CASE HISTORY
Presso la discarica di Fano (PU – Italy) sono in funzione due macchine GAS STABILIZER
BENEFICI di GAS STABILIZER
Rispetto ai tradizionali sistemi di captazione del biogas di discarica GAS STABILIZER apporta numerosi benefici, tra i quali si ricordano:
• l’incremento medio complessivo della captazione di biogas, in termini volumetrici, pari al 31,98%;
• la riduzione, fino all’eliminazione, delle emissioni odorigene (anche in fase di abbancamento rifiuti);
• l’incremento medio complessivo del potere calorifico inferiore del biogas captato (ed avviato a recupero energetico);
• l’aumento nella produzione di energia elettrica;
• che consente la verifica, il monitoraggio ed il controllo in continuo h24, real time e da remoto per ciascuna linea di captazione [principale(6) e secondaria(7)];
• che analizza, controlla e regola automaticamente i parametri di captazione con frequenze impostate almeno ogni 30 minuti, in continuo h24, real time e da remoto per ciascuna linea di captazione;
• che mantiene costante nel tempo i valori di captazione impostati grazie al sistema automatico di analisi in continuo del biogas aspirato;
• può essere applicato a qualsiasi sistema collettore/stazione di regolazione;
• è modulare, leggero, scomponibile, riutilizzabile, facile da installare;
• ha consumi ridotti e può funzionare con isola generativa fotovoltaica.
GAS STABILIZER contribuisce, inoltre, alla riduzione della Carbon Footprint e al raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica della politica nazionale ed europea.
Riferimenti: