Mercoledì 26 Gennaio 2023
a cura di Ing. Francesca Sandrini
Difficile circoscrivere che cos’è matematica. In greco antico μάθημα (máthema) viene tradotta con i termini “scienza”, “conoscenza” o “apprendimento” e μαθηματικός (mathematikós) significa “incline ad apprendere”.
Quando ci si riferisce alla matematica pensiamo a quella disciplina che studia entità astratte come i numeri e le misure, cosicché alla matematica pura attribuiamo i problemi matematici indipendentemente dalla loro utilizzazione pratica, mentre alla matematica applicata assegniamo l’elaborazione di strumenti e modelli adatti agli scopi di altre scienze come la fisica, l’astronomia, la biologia, la chimica, etc.
Presso gli antichi popoli babilonesi ed egizi del medio oriente la matematica non era soltanto uno strumento empirico ma costituiva una vera e propria scienza razionale dei numeri (aritmetica) e delle misure (geometria) che si occupava di trovare soluzioni a problemi di calcolo concreti.
I greci ereditarono queste nozioni dai popoli orientali ma la matematica ellenica, a partire dal settimo secolo a.C., iniziava a prender la forma di un rigoroso sistema deduttivo, in particolare nella sintesi euclidea della geometria.
Nel 400 a.C. Pitagora si accorse che la propagazione delle onde sonore dovute alla battitura del ferro avveniva in modo periodico e dipendeva dalla dimensione e dal materiale utilizzato. Fu il primo a fondare lo studio della musica su basi matematiche grazie alle sue sperimentazioni sul monocordo poiché capì che una corda messa in vibrazione produceva un suono la cui “altezza” percepita dall’orecchio umano era in stretta relazione con la lunghezza della corda stessa. Ed il sistema di accordatura pitagorico fu il primo a suddividere in intervalli di tempo il suono, per stabilire il rapporto tra una nota e la successiva.
E mentre i Greci concepivano geometricamente anche l’aritmetica e le equazioni algebriche, gli Indiani preferivano lavorare sui numeri anziché sulle grandezze. Infatti è in India che nasce il sistema di numerazione decimale: tale sistema si incontra già nel Sūrya Siddhānta, un piccolo trattato di astronomia del 4° o 5° sec.
I romani non ebbero mai grande interesse per la matematica pura ma solo per le sue applicazioni come l’agrimensura e l’architettura. Nel sesto secolo, al tempo dell’impero bizantino e di Re Teodorico, Cassiodoro, nell’ opera Institutiones divinarum et saecularium litterarum, distingueva la matematica in quattro branche: aritmetica, musica (ovvero leggi numeriche dell’armonia), geometria piana ed astronomia. Ma questa organizzazione delle scienze matematiche era già presente nella Repubblica di Platone ed era seguita dai filosofi di tradizione pitagorico-platonica, i quali, nel trascorrere dei tempi, hanno riconosciuto nel numero il principio fondante dell’organizzazione razionale del mondo. Agostino d’Ippona (nel De musica) e successivamente Severino Boezio (nel De Institutione) giustificavano la concezione della musica quale “scienza razionale” citando l’opera De die natali del Censorino.
Ecco dunque come la matematica, sin dai tempi antichi, ricomprendesse in se stessa la musica.
Ogni suono può essere quantizzato e, di contro, ogni sequenza di numeri può esprimersi attraverso un suono e quindi la musica. Ricordiamo infatti che la famosa sequenza di Fibonacci è di gran lunga rappresentata anche in musica. Nel corso della storia, infatti, non sono mancati compositori che hanno fatto riferimento consapevole alla serie numerica di Leonardo Filbonacci ed alla sezione aurea per comporre la loro musica.
Mozart, ad esempio, ha basato molte delle sue opere sulla sezione aurea, in particolare le sue sonate per pianoforte, in modo tale che il numero di battute nello sviluppo e nella ricapitolazione, diviso per il numero di battute nell’esposizione, fosse pari a circa 1,618. Questo si vede, ad esempio, nel primo movimento della Sonata per pianoforte n.1 in Do maggiore dove l’esposizione è composta da 38 battute e lo sviluppo e la ricapitolazione da 62. Il primo movimento nel suo insieme è composto da 100 battute. 62 diviso 38 è uguale a 1,63 (approssimativamente la sezione aurea).
Proporzioni auree sono rintracciabili chiaramente in Bach, ad esempio nell’Arte della fuga, o nella Quinta sinfonia di Beethoven, e, per citare altri compositori classici, anche in Bartòk, Debussy, Satie e Schubert.
Fino ad arrivare ai nostri giorni dove pure la musica pop-rock è ricorsa alla famosa sequenza, come nel caso dei Genesis e della loro canzone Firth of Fifth, in cui troviamo tre assoli che hanno lunghezze di 13, 34 e 55 battute, numeri facenti indubbiamente parte della celebre serie numerica di Filbonacci. Ed ancora in ambito rock dove, per citare un esempio, i Deep Purple hanno interamente concepito il brano Child in Time secondo il rapporto tra i numeri 8 e 5 e termini consecutivi della sequenza di Fibonacci.
La musica è caratterizzata da una simmetria e da una bellezza che appartiene ai numeri.
La musica è arte, e l’arte è frutto della creatività.
Come si spiega dunque che l’uso di questi rapporti numerici nella composizione musicale attraversa i secoli ed i generi musicali e nessuno è mai stato in grado di dire esattamente perché funziona così bene? Perché produce arte? La matematica è quindi creativa?
La musica è la voce della matematica.
Il termine musica non è univoco ed è stato molto dibattuto tra gli studiosi per via delle diverse accezioni utilizzate nel corso della storia. Deriva dall’aggettivo greco μουσικός (musikòs) ovvero relativo alle Muse, figure mitologiche greche di grande bellezza. In origine questo termine indicava tutte le arti delle Muse e si riferiva a qualcosa di “perfetto”.
Così Leibniz, grande matematico e filosofo tedesco ebbe a dire che la musica è il piacere che la mente umana prova quando conta senza essere conscia di contare.
E poiché è un linguaggio universale così incantevole ed affascinante che accompagna l’uomo dall’alba dei tempi, di lei scrisse Kahlil Gibran, poeta ed artista libanese considerato un filosofo:” La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di colui che ascolta”.
Indimenticabile, infine, ciò che di lei disse proprio il poeta maledetto Baudelaire: “La musica crea uno spiraglio nel cielo” a significare come quest’arte elevi la natura umana terrena alla prospettiva dell’immenso.